Il Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach
Parte prima
Marco Bellano
Ascoltare un’esecuzione integrale de Il Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian
Bach può non essere facile.
Questo non dipende dal minore o maggiore grado di competenza musicale
dell’ascoltatore, ma dalla natura stessa di quest’opera. Ralph Kirkpatrick, clavicembalista e
musicologo tra i maggiori del ventesimo secolo, nel primo capitolo del suo fondamentale
L’interpretazione del Clavicembalo ben temperato chiarisce bene il problema: «L’effetto di
una esecuzione completa [di quest’opera] […] è quello di una varietà e di una ricchezza
letteralmente schiaccianti».
Il Clavicembalo ben temperato (CBT d’ora in avanti), infatti, è una delle creazioni musicali
più complesse della storia. Dei molti livelli di interpretazione possibili, ciascuno è
soddisfacente a suo modo, ma nessuno totalmente esaustivo. Complicazioni sono state
create anche dai “binari morti” della ricerca, studi che per voler troppo dimostrare, ossia
ricercare l’originalità ad ogni costo, hanno involontariamente rinunciato a capire, a
penetrare l’oggettività razionale dell’opera di Bach. Scrive Kirkpatrick: «In realtà, si
potrebbe misurare l’importanza di un’opera d’arte dalla quantità di sciocchezze che è
capace di suscitare. In termini della quantità di sciocchezze che ha ispirato, il CBT occupa
un posto piuttosto elevato, anche se la quantità complessiva di scritti su di esso non è
tanto grande quanto ci si potrebbe aspettare».
Per questo, può essere utile possedere uno strumento d’analisi che sia il più semplice ed
oggettivo possibile, che, più che commentare uno per uno i preludi e le fughe compresi
nell’opera, esplori passo per passo i diversi “strati” di questo monumento musicale, senza
pretendere di fornire alcuna conclusione in merito e lasciando libertà all’ascoltatore di
scegliere il livello di lettura che più lo attira, per eventualmente approfondire l’argomento in
seguito, consultando scritti più specifici.
Il metodo più semplice per condurre tale analisi è forse seguire Bach stesso, facendosi
guidare da un suo scritto autografo: il frontespizio del Primo Libro del CBT, conservato
presso la Deutsche Staatsbibliothek di Berlino.
Il frontespizio
La pagina, redatta con ordinata calligrafia e ornata di semplici e sinuose decorazioni a
penna, porta questo titolo:
Das Wohl temperierte Clavier, oder Præludia, und Fugen durch alle Tone und Semitonia,
So wohl tertiam majorem oder Ut Re Mi anlangend, als auch tertiam minorem oder Re Mi
Fa betreffend. Zum Nutzen und Gebrauch der Lehr-begierigen Musicalischen Jugend, als
auch derer in diesem studio schon habil seyenden besonderem Zeit Vertreib auffgesetzen
und verfertiget von Johann Sebastian Bach, p.[ro] t.[empore]: HochF.[ürstlich] Anhalt-
Cöthenischen Capel-Meistern und Directore derer CammerMusiquen. Anno 1722.
La traduzione italiana è: “La tastiera ben temperata, ovvero preludi e fughe in tutti i toni e
semitoni, comprendenti sia la terza maggiore, ossia ut re mi, che la terza minore, ossia re
mi fa, per il profitto e per l’uso della gioventù musicale desiderosa d’apprendere, come
pure per particolare diletto di coloro che sono già abili in quest’arte, compilato e portato a
termine da Johann Sebastian Bach, attualmente maestro di cappella e direttore delle
musiche di camera di Sua Altezza il principe di Anhalt-Cöthen. Anno 1722”.
Gli spunti ricavabili da questo documento saranno ricavati a ritroso, partendo dal fondo. In
questo modo, si incontreranno prima aspetti più generali, di carattere storico, per poi
giungere ad argomenti più tecnici.
… Johann Sebastian Bach, attualmente maestro di cappella e direttore delle
musiche di camera di Sua Altezza il principe di Anhalt-Cöthen. Anno 1722: note
storico-biografiche
Johann Sebastian Bach nacque il 21 marzo 1685 ad Eisenach, in Turingia, e morì a Lipsia
il 28 luglio 1750. In verità, il giorno della sua nascita sarebbe più precisamente il 31 marzo;
la Germania protestante aveva infatti tardato ad adeguarsi alla riforma del calendario
voluta da Papa Gregorio XIII nel 1582, rimanendo sino al 1700 “indietro” di una decina di
giorni rispetto al resto del mondo.
Bach fece parte di un’importante stirpe di musicisti; egli stesso nipote e figlio di organisti e
Kantoren stabilitisi in Turingia sin dal XVI secolo, fu a sua volta padre di importanti artisti:
tre figli nati dal suo primo matrimonio – Wilhelm Friedemann, Carl Philipp Emanuel e
Johann Gottfried Bernhard –, e due dei tredici figli avuti dalla seconda moglie Anna
Magdalena, Johann Cristoph Friedrich e Johann Christian, ebbero un ruolo di spicco nella
definizione del gusto musicale nella transizione tra Barocco e Classicismo.
Il futuro Maestro ricevette una solida istruzione classica alla Lateinschule di Eisenach;
dopo la morte del padre, nel 1695, si trasferì ad Ohrdruf presso il fratello Johann Christian.
La sua formazione musicale si completò tramite lo studio assiduo e preciso di compositori
tedeschi, italiani e francesi. Il suo primo incarico rilevante fu quello di organista presso la
Neue Kirche di Arnstadt, a partire dal 1703. Nel medesimo periodo iniziò a comporre.
Dopo un breve soggiorno a Mühlhausen, divenne musicista da camera e organista alla
corte di Weimar; fu promosso a Konzertmeister nel 1714. Pur avendo composto in tale
luogo le prime cantate e le prime opere importanti per organo e clavicembalo, Bach
tuttavia ritenne che l’ambiente non fosse soddisfacente, anche per la sua formale
equiparazione ad un cameriere ducale, tenuto ad indossare una livrea. Richiese a lungo
un congedo, che infine gli fu concesso, rendendolo libero di recarsi a Cöthen alla corte del
principe Leopold, giovane e appassionato di musica.
Quelli di Cöthen furono sostanzialmente gli anni più fruttuosi e felici di Bach: libero da
servizi presso la scuola e la chiesa (la corte era calvinista), era annoverato tra i più alti
funzionari di corte e aveva tutto il tempo per dedicarsi alla composizione, approfondendo
in particolare la musica da camera e le opere per strumenti a tastiera. A quest’epoca
risalgono infatti le sei Suites Francesi, le sei Suites Inglesi, il Clavierbüchlein, le sei Sonate
per violino e clavicembalo, le tre Sonate per viola da gamba e clavicembalo, i sei Concerti
Brandeburghesi, le Sonate e Partite per violino, le sei Suites per violoncello.
Fu in questo periodo fortunato che venne concepito anche Il Clavicembalo ben temperato.
In realtà, abbiamo ben poche certezze riguardo alla genesi di quest’opera. Innanzitutto, è
dubbio l’ordine con cui Bach scrisse i preludi e le fughe. In particolare, per il primo libro,
sopravvivono poche tracce del processo di composizione. È certo però che alcuni pezzi
della prima parte appaiono in differenti versioni (preliminari, evidentemente), nel
Clavierbüchlein vor Wilhelm Friedemann Bach, una piccola raccolta di pezzi che Bach
mise assieme per il figlio maggiore, datata 1720. In essa compaiono undici preludi del
CBT, spesso ricopiati incompletamente o in versioni abbreviate. Numerose lievi modifiche,
inoltre, lasciano intendere come il processo di elaborazione sia stato particolarmente
curato e laborioso.
Esiste poi un’altra testimonianza interessante, proveniente dal figlio di un allievo di Bach,
Heinrich Nikolaus Gerber. Viene riportato dunque da Ernst Ludwig Gerber, nel suo
Historisch-biographisches Lexicon der Tonküstler, questo fatto: suo padre sapeva che Il
Clavicembalo ben temperato era stato composto in un tempo relativamente breve, “per
scacciare la noia e il malumore” mentre Bach si trovava in un posto in cui non aveva a
disposizione alcuno strumento e dove non aveva altro da fare. Gerber afferma inoltre che
suo padre aveva potuto assistere a tre esecuzioni dell’opera completa, effettuate dallo
stesso Bach durante lezioni di musica. Queste informazioni sono certamente preziose, ma
non dovrebbero essere considerate veritiere in assoluto; in particolare, la notizia sulle tre
esecuzioni integrali potrebbe essere un’esagerazione a posteriori.
Il frontespizio, come si è visto, reca la data «Anno 1722». In realtà, sul manoscritto è
riportato anche, di sfuggita, l’anno 1732. Si tratta dunque di un autografo di dieci anni
posteriore alla prima stesura. Comunque, è ragionevole supporre che tutti i brani contenuti
nel Primo Libro del CBT, a parte poche eccezioni, siano stati abbozzati o portati a termine
tra il 1720 e il 1722.
La seconda parte del CBT fu invece composta in un differente periodo. Bach, nel 1723,
lasciò il suo incarico alla corte di Cöthen per recarsi a Lipsia, dove assunse l’incarico di
Kantor e direttore delle musiche di chiesa. A causa della considerevole mole di lavoro che
il nuovo incarico comportava, le composizioni per tastiera furono momentaneamente
messe in secondo piano (benché in questo periodo fossero nate altre opere memorabili,
tra cui le Variazioni Goldberg). Ritornò al genere del preludio e fuga solo nel suo ultimo
decennio di vita. Sembra infatti che infatti la seconda parte del CBT sia stata compilata tra
il 1739 e il 1742, o forse più probabilmente sino al 1744, come sembra indicare l’analisi
della filigrana dell’unico autografo pervenutoci, rintracciato nel 1896 e appartenuto -pare- a
Muzio Clementi. Bach, utilizzando lo stesso schema tonale della prima parte, raccolse nel
Secondo Libro opere giovanili ed opere della maturità, come fece anche nel caso di altre
importanti opere cicliche come L’Offerta musicale o L’Arte della fuga.
Rimane comunque un ragionevole margine d’incertezza attorno alla genesi dell’opera nel
suo complesso; si possono però ancora individuare, per concludere, alcuni precedenti
storici che Bach può avere tenuto presenti durante il lavoro di composizione. In particolare,
il “temperamento della tastiera” (di cui si dirà meglio dopo) era stato trattato teoricamente
nel 1686-87 dall’organista e costruttore d’organi Andreas Werckmeister. Erano poi già stati
tentati utilizzi sistematici delle tonalità in cicli di composizioni, come avviene nell’opera di
Bach: ad esempio, Johann Pachelbel aveva utilizzato, nelle sue suites clavicembalistiche,
17 tonalità delle 24 disponibili. Ma soprattutto, sono notevoli i precedenti dell’Ariadne
Musica di Johann Caspar Ferdinand Fischer, del 1702, una raccolta di preludi e fughette
per organo in 19 tonalità maggiori e minori, più il modo frigio sul mi, e la Exemplarische
Organisten-Probe di Johann Matteson, del 1719, nella quale sono contenuti esercizi per la
realizzazione del basso continuo in tutte e ventiquattro le tonalità.
… per il profitto e per l’uso della gioventù musicale desiderosa d’apprendere, come
pure per particolare diletto di coloro che sono già abili in quest’arte… : fortuna e
brevissima storia dell’interpretazione de Il Clavicembalo ben temperato
Bach non pubblicò mai in vita il CBT, nonostante l’opera avesse raggiunto una certa fama
nell’ampio gruppo dei suoi allievi ed amici. Le motivazioni non sono ancora oggi chiare,
ma si può fare una ragionevole supposizione: probabilmente il compositore riteneva che le
vendite potessero risultare troppo limitate a causa dello stile musicale diffuso all’epoca, lo
stile “sentimentale” e “galante”, che evidentemente i suoi preludi e fughe non possedevano
affatto. Una prova di questo possibile timore di Bach si trova nell’edizione delle Sei Partite
per cembalo (la prima opera da lui data alle stampe), che sono indicate nel titolo come
“Galanterien”, cosa assolutamente non corrispondente al vero.
Rimangono inoltre irrisolti molti dubbi sulla destinazione di quest’opera; sebbene infatti nel
frontespizio si parli esplicitamente di “gioventù musicale” (quindi di uno scopo didattico) e
di “diletto” per gli esperti, i preludi e, specialmente, le fughe, hanno innegabilmente una
complessità di elaborazione che va ben oltre questi intenti dichiarati. Incerto è anche lo
strumento di destinazione (il dubbio si risolve sostanzialmente tra clavicembalo o
clavicordo), ma di questo si parlerà dopo; va però ora sottolineato che la fortuna del CBT
dipende in gran parte dalla nascita di una scuola musicale legata ad uno strumento che
Bach, sostanzialmente, tralasciò di “esplorare”: il pianoforte.
Bach infatti entra stabilmente nel repertorio pianistico classico dopo la pubblicazione
dell’edizione del CBT curata da Carl Czerny, del 1837 (preceduta da diverse edizioni a
stampa che si susseguirono nel mezzo secolo successivo alla morte di Bach). Czerny,
nella prefazione, afferma di trasmettere i suoi ricordi di esecuzioni di preludi e fughe da
parte di Ludwig van Beethoven. Il fatto è interessante: nonostante la revisione di Czerny
sia sostanzialmente inattendibile, essa testimonia però come l’interesse per Bach non si
fosse mai spento nel periodo classico (abbiamo anche testimonianze di studi compiuti da
Mozart e Haydn sul CBT), a dispetto dell’oblio in cui il nome di Bach era oggettivamente
caduto, a causa dei gusti e delle esigenze del grande pubblico.
L’edizione di Czerny aprì anche la strada al moderno utilizzo didattico del CBT. Come
scrive Kirkpatrick, «dalla metà dell’Ottocento, il CBT ha assunto lo status di una bibbia
musicale. […] Ha costituito una fonte inesauribile per la pratica pianistica e organistica, per
lo studio della composizione, per l’esercitazione degli studenti nell’analisi musicale, e per i
sostenitori di ogni concepibile tipo di teoria musicale». E non solo: fu anche fonte
d’ispirazione per la creazione di nuove opere. Fryderyk Chopin, uno dei più importanti
estimatori del CBT, creò un famosissimo ciclo di ventiquattro Preludi, in tutte tonalità
(sebbene disposte in un ordine differente da quello bachiano); nel primo dei suoi Studi op.
10, inoltre, effettuò un’intelligente parafrasi del primo Preludio del Primo Libro.
All’incirca nello stesso periodo, il numero di esecuzioni pubbliche di musiche di Bach iniziò
a crescere in modo considerevole. L’evento con cui si fa usualmente coincidere l’inizio
“ufficiale” di questa “rinascita di Bach” è l’esecuzione da parte di Mendelssohn della
Passione secondo S. Matteo, presso la Berliner Singakademie, a cent’anni dalla sua
composizione. Furono curate inoltre diverse edizioni a stampa di opere di Bach, tra cui
quelle di Schumann e Robert Franz, che però non mancarono di suscitare polemiche: il
linguaggio di Bach veniva infatti adattato al gusto del XIX secolo con adattamenti e
rimodellamenti di dubbia efficacia. Non rientrano in questa categoria, naturalmente, le
trascrizioni di opere organistiche effettuate da Liszt e, più avanti, da Busoni, di interesse
artistico ancora oggi molto elevato. Un nuovo indirizzo di ricerca nacque fortunatamente
nel 1850, quando fu definita la politica redazionale delle edizioni della Bachgesellschaft,
tra le più accurate e filologicamente corrette. A questa impostazione “conservativa” si
affiancarono poi, attorno al 1888, i primi tentativi di ricostruzione di strumenti “d’epoca”
(come, appunto, il clavicembalo), per cercare di recuperare anche il suono originale nelle
esecuzioni; l’operazione fu apprezzabile, ma purtroppo ancora oggi, per molti versi,
utopistica. Molte sono le polemiche sull’uso di strumenti “antichi” costruiti in età moderna;
non è tuttavia ora il caso di approfondire questa problematica. Oggi la rivalutazione della
musica di Bach può dirsi completata, affiancata da una vitale ricerca in campo
musicologico ed interpretativo.
Uno dei primissimi esecutori del CBT fu probabilmente Beethoven, nato nel 1770; è a lui e
alla sua epoca dunque che occorre risalire, volendo individuare un inizio per una
brevissima storia dell’interpretazione di questa opera bachiana. Naturalmente non
possediamo alcun documento sonoro risalente a tale periodo, ma solo scritti teorici. Le
prime testimonianze che oggi possiamo ascoltare sono molto più tarde: si tratta, per
esempio, del primo Preludio e Fuga del Primo Libro inciso da Busoni, o di rulli di pianola
del secondo Preludio e Fuga del Primo Libro, eseguito da Felix Weingartner, e del
dodicesimo del secondo libro, eseguito da Raoul Pugno.
Sappiamo comunque che prima del 1930 un cospicuo numero di pianisti aveva eseguito in
pubblico l’intero CBT; tra essi si ricordano Joseph Rubinstein, Charles Hallé, Édouard
Risler, e soprattutto Edwin Fischer. In realtà Fischer eseguì solo ventiquattro Preludi e
fuga, tra il Primo e il Secondo Libro, intervallandoli curiosamente con i dodici Studi op. 10
di Chopin.
Dal 1950, bicentenario della morte di Bach, si consolidò maggiormente la tradizione
esecutiva legata al clavicembalo, sia nel filone legato allo strumento “moderno” (cioè
modificato in certa misura, come lo strumento usato da Wanda Landowska), sia in quello
che preferì utilizzare autentici strumenti “d’epoca”. Furono pubblicate anche esecuzioni del
CBT al clavicordo. Si segnalarono anche strani esperimenti, come quello di Gunnar
Johansen, che incise l’opera servendosi di un pianoforte a due tastiere, inventato da
Emmanuel Moór. Gli anni Cinquanta e Sessanta furono anche gli anni delle storiche
incisioni di Rosalyn Tureck e di Glenn Gould, innovative nella ricerca sonora ed
estremamente originali nello stile d’esecuzione. Di carattere opposto a queste, ma
fondamentale riferimento per ogni esecutore al piano del CBT, è l’interpretazione di
Svjatoslav Richter, degli anni Settanta, che dà al ciclo una straordinaria unitarietà e
valorizza in maniera personale la polifonia bachiana, concentrandosi in particolare sul
valore espressivo del soggetto delle fughe.
Altre preziose interpretazioni (Gulda, Schiff) si sono affiancate a nuovi cicli di esecuzioni
pubbliche, al pianoforte come su altri strumenti a tastiera, in particolari occasioni quali il
tricentenario della nascita di Bach (1985) o l’“anno bachiano”, il 2000 (che celebrava i 250
anni dalla morte).